martedì 9 aprile 2013

È VERDE, MA NON È UNA ZUCCHINA



Uno degli ingredienti più caratteristici della cucina di Okinawa, tanto da esserne diventato uno dei simboli, è il Gōyā (ゴーヤー) o nigauri (苦瓜, in Giappone), ‘melone amaro’, ricco di vitamina C. Bitorzoluto, amaro, dal sapore vagamente simile alla zucchina (una volta fritto), il suo nome scientifico è Momordica charantia, angiosperma della famiglia delle cucurbitacee. 




Il nome Gōyā deriva dal linguaggio nativo di Okinawa, ma questo vegetale è diffuso nei paesi tropicali di mezzo mondo, soprattutto in Asia, Africa (è un ingrediente comune della cucina di Mauritius) e Caraibi, con nomi variabili da luogo a luogo (per esempio Karavella in India – molto diffuso a Goa -, termine derivato dallo sanscrito).
  






Al contrario della zucchina, molto più tenera, non è facile cuocerlo. A volte, le mani inesperte che per la prima volta cercano di friggerlo come una zucchina (per esempio: le mie) rischiano di consumare mezza bottiglia d’olio e mezza giornata con risultati degni del bidone della spazzatura. Le mani esperte, invece, sono capaci di cuocerlo al meglio, attenuandone il sapore amaro, magari ricavandone ottimo tempura (天ぷら o 天麩羅).



 

A Okinawa uno dei piatti più tradizionali è il Gōyā chanpurū (‘mescolone’, concetto quasi filosofico diffusissimo nell’arcipelago): shima-dofu (il particolare tofu 'duro' di Okinawa), uovo, germogli di soia, carne o pesce, tutto fritto nel wok. Quasi sempre accompagnato da pezzetti di carnazza Spam (un nome, un programma), prodotto inscatolato americano, estremamente salutare (…), importato dai militari dopo la guerra e che ha attecchito, ahimè, alla cucina locale.





Per saperne di più:





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