lunedì 20 maggio 2013

BOLLE DI SAPONE


Le recenti dichiarazioni di quel fine uomo politico che è il sindaco di Osaka (“Le donne ‘di conforto’ coreane per le truppe giapponesi durante la Seconda guerra mondiale furono una necessità”) non si sono limitate a prendere in considerazione il passato. Toru Hashimoto, non satollo dopo tale esternazione, si è dedicato anche al presente e al futuro. “Sarebbe bene che i wild Marines (i militari americani arrapati in libera uscita) usassero di più le prostitute di Okinawa, così da evitare di fare danni in giro (stupri) e risollevare l’economia dell’arcipelago”. Una logica quasi matematica, da ragioniere, no?


Oltre che, ovvio, scatenare un’ondata di proteste da più parti, le parole del filosofo di Osaka hanno puntato i riflettori, in questo periodo, sul sempre attivo mondo della prostituzione giapponese, zeppo di regole come ogni cosa in Giappone. Oltre alle zone in prossimità di alcune basi militari – Koza, a Okinawa City, in primis -, Okinawa può vantare, diciamo così, la sua zona ‘ a luci rosse’ (‘pink’, come la chiamano in Giappone), come ogni città giapponese che si rispetti.


Il business, di solito, è su due livelli. Il primo è quello dei bar ‘da compagnia’, dove stressati manager vanno a rilassarsi a fine giornata, dopo l’ufficio e prima della moglie. Tra una bevuta e l’altra, possono ingaggiare una o più fanciulle che si siedono con loro, li intrattengono, ascoltano i loro problemi esistenziali e, magari, li lasciano dare una palpatina. 



Le fanciulle di solito sembrano uscite da un film di Barbie e/o da una clinica di chirurgia estetica. 



Quasi nessuna ha i bei capelli meri e lisci asiatici, ma messe in piega che ricordano le parrucche della corte di Re Sole, bionde come solo in Svezia sanno essere. Tacchi a trampoli, occhi arrotondati – a volte grazie a interventi chirurgici - e valorizzati da ciglia finte che sembrano strappate a Bambi. I loro discorsi raramente prendono in considerazione le questioni esistenziali di Platone e Kierkegaard, ma vanno benissimo per i manager a fine giornata. Il loro servizio di pura compagnia va a tassametro, regolato da un chiaro menù (‘information’) appeso all’entrata del locale. Mezz’ora costa tanto, un’ora tanto x2, non un minuto di più. Se poi da cosa nascerà cosa e i due vorranno continuare l’approfondimento intellettuale lo faranno altrove e a cifre da pattuire.




Spettacolare, nelle zone all’ingresso di questi bar, la manovalanza di ‘buttadentro’ (papponi) che attendono i clienti. Si tratta perlopiù di giovani agghindati in maniera ridicola, in puro pappa-style, secondo il concetto di eleganza diffuso tra i ruffiani giapponesi. Giacchette attillate, scarpe a punta mostruosa, capigliature simili a quelle delle fanciulle all’interno dei bar. Appena un possibile cliente arriva in taxi gli piombano addosso in cento, senza toccarlo né tirarlo per una manica della giacca (come farebbero in molti altri posti del Sud-est asiatico), ma cercando di conquistarlo a suon di chiacchiere. Il più convincente, quello che sarà riuscito a spingere il cliente verso il bar di riferimento, guadagnerà la meritata commissione.



Parallelo a questo giro di bar per uomini c’è quello per donne. Non necessariamente anziane o di brutto aspetto. I bar per signore sono frequentati anche da giovani di bell’aspetto, magari in cerca di una compagnia occasionale. I loro ‘accompagnatori’ (gigolò) seguono le medesime regole e capigliature delle colleghe. Le immagini che li ritraggono sono mostruose, difficilmente comprensibili per l’occhio occidentale. Capelli iper-kitsch, sopracciglia depilate, abiti da terrore ecc.




 

La zona 'pink' di solito è ricca di hotel a tariffa oraria, spesso ispirati a un tema (l'amore, quello romantico, il più gettonato). Inoltre furoreggiano i locali in cui l'uniforme (da studentessa, da hostess d'aereo, da guida turistica, da addetta alle camere d'hotel ecc.) la fa da padrone.




Attorno alla zona 'pink' gravita una serie di locali che non ha eguali nel mondo. Stanze vuote, chiamate information, con i muri tappezzati da ritratti inquietanti di fanciulle e fanciulli dalle creste dorate, un tot all'ora, nome (d'arte), nome del locale, telefono ecc. Ogni tanto, nelle foto, le fanciulle appaiono con gli occhi sfumati, così da renderle irriconoscibili alle loro mamme e ai loro papà. Alcune, poi, si coprono la bocca, perché non vogliono far vedere la dentatura sbilenca. Misteri e malattie intriganti del Giappone.



Il secondo girone del business, quello per veri adulti, che non hanno tempo per le chiacchiere e nella vita mirano al sodo, è il cosiddetto soapland (ソープランド, sōpurando), quartierino con localacci (scannatoi) in cui si fa festa all’interno di una vasca da bagno. Sapone e bolle in quantità da pulizie di pasqua, massaggio e tutto il resto, di solito per una cifra elevata (oltre i 100 euro). Anche qui viene azionato il tassametro.




Un aspetto interessante del mondo della prostituzione giapponese è il razzismo. Solo alcune lavoratrici sono disponibili a offrire prestazioni sessuali ai gaijin (stranieri). Spesso le fanciulle sono convinte che l’AIDS sia importato in Giappone solo dagli stranieri, dimenticandosi delle orde di turisti sessuali nipponici che ogni anno visitano il Sud-est asiatico, Hong Kong e la Cina. Più disponibili nei confronti degli stranieri sono le numerose prostitute filippine presenti in Giappone.



1 commento:

  1. Il paese in cui ogni città ingloba un quartiere di love hotel ma in cui è socialmente vietato alle coppie di tenersi anche solo per mano per strada.

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